Anche se questo aspetto non è molto conosciuto, le donne che combattono con lo Stato Islamico vanno alla ricerca di alcune cose tra cui la sicurezza, perché sentono che la loro identità sunnita è minacciata (di Nino Orto) Possibile che un gruppo misogino ed estremista come lo Stato Islamico possa avere tra le proprie fila un intero battaglione composto solo da donne? E perchè tante donne, anche provenienti dall’Occidente, si arruolano per combattere con i jihadisti in Siria ed Iraq? Secondo una ricercatrice specializzata in questioni di genere, per rispondere a tali domande, vi è prima la necessità di comprendere fino in fondo i motivi che spingono queste donne a combattere nelle file dell’organizzazione sottolineando, in questo senso, come tra gli obiettivi di Daeesh non si trovi la lotta per i diritti delle donne, ma lo stabilire un Califfato islamico. Il che significa che, probabilmente, c’è qualcosa di sbagliato nella nostra recezione della propaganda dei jihadisti.
Lei, Noemi Gurenathan, professore presso la “City University of New York“, è una specialista in questioni di genere e sulle tematiche relative alla violenza sessuale, ed in risposta ad una domanda sulle ragioni dell’esistenza di “al-Khansa“, un battaglione di sole donne tra i ranghi dello Stato Islamico che prende il nome Al Khansa, un musulmano devoto che ha dedicato elogi ai combattenti del jihad dopo aver perso quattro figli in una guerra contro la Persia al tempo del Profeta Maometto, ha detto: “in origine non c’erano donne nell’organizzazione, come nel caso in molte organizzazioni simili, ma in seguito si è elevata l’importanza della presenza di donne tra le loro fila, tanto da sentire la necessita di formare un intero battaglione di sole donne, che svolgono molte attività tra cui i combattimenti in prima linea”
La studiosa ha poi spiegato durante un’intervista alla CNN: “la propaganda jihadista che invita a combattere è in grado di attirare volontari. In Francia, le statistiche mostrano come il 45 per cento di chi ha in programma di aderire all’IS siano donne, come ci sono donne che gestiscono il Dipartimento che pubblica materiali promozionali e di dawa“. E su come le donne occidentali siano attratte dal discorso religioso di Daash circa la necessità di stare a casa e rispettare la famiglia, la Gurenathan ha risposto dicendo: “chi è impegnato nello studio di questo fenomeno si rende conto che non si tratta di un discorso solo religioso ma anche e sopratutto politico. Anche se questo aspetto non è molto conosciuto, le donne che combattono con lo Stato Islamico vanno alla ricerca di alcune cose tra cui la sicurezza, perché sentono che la loro identità sunnita è minacciata, e fintanto che la scelta sarà tra Is ed Assad o il governo di Baghdad, esse preferiscono stare con IS , anche se questo comporta l’indossare il velo. ”
Sulla possibilità di successo degli Stati Uniti nel combattere la propaganda dei jihadisti nei social ha puntualizzato:”dobbiamo capire che è Ia propaganda di IS è molto più ampia di quello che cocerne i soli social network. Si tratta di un movimento sociale e politico molto più grande che si manifesta attraverso questi mezzi. Un organizzazione che utilizza strumenti “atei” e del XX secolo per diffondere un ideologia che chiede un ritorno al VII secolo. Inoltre, quando l’organizzazione jihadista cerca di attrarre le donne tra le sue fila, lo fa utilizzando una propaganda basata sulle conquiste delle donne musulmane attraverso i secoli. E’ qualcosa a cui bisogna stare attenti“.