“Per essere in grado di capire con precisione il danno, e la minaccia, e la devastazione di quello che accade in Siria bisognerebbe immaginare le conseguenze di un terremoto di 7.6 della scala Richter: per 50 volte al giorno”
(di Redazione) In Siria, dopo quattro anni di guerra, si moltiplicano gli attori internazionali presenti sul campo e cambiano nuovamente gli scenari geopolitici. Tuttavia, indifferenti alle manovre diplomatiche, le bombe (governative e non) continuano ad essere sganciate sui civili, continuano a distruggere intere città, continuano a falciare vite. La Siria ha subito un pedaggio devastante dalla sanguinosa guerra civile che dal 2011 infiamma la nazione: più di 215.000 siriani sono stati uccisi. Quasi 7 milioni sono fuggiti. Le Nazioni Unite dicono che l’aspettativa di vita nel Paese è scesa di 20 anni (da 76 a 56).
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In questo inferno che è diventata la Siria, in questo buco nero dove l’umanità sembra essere sprofondata, violentata e dimenticata, ci sono alcuni volontari che rischiano ogni giorno la propria vita per salvarne altre. Sono i primi ad arrivare sul posto dopo un bombardamento, sempre pronti ad aiutare i feriti intrappolati dalle macerie e ad estrarre i morti. Il loro motto è direttamente ispirato da un verso del Corano: “salvare una vita è come salvare tutta l’umanità“. Sono gli “white helmets”, gli angeli della guerra siriana.
Meglio conosciuti come la Protezione Civile siriana, questo gruppo di soccorritori volontari è stato costituito all’inizio del 2013, grazie ad un programma di formazione internazionale che, dai venti operatori iniziali, conta oggi più di 2.700 volontari provenienti da 110 diverse località in tutta la Siria. Panettieri, sarti, ingegneri, farmacisti, pittori, falegnami, studenti e molte altre figure professionali, i caschi bianchi sono volontari provenienti da tutti i ceti sociali. Con il loro operato, in appena tre anni, hanno salvato più di 30 mila persone.
Ma è anche un lavoro pericoloso questo. Forse il più pericoloso al mondo. Mentre il conflitto in Siria continua a peggiorare è la gente comune a pagare il prezzo più alto. Più di cinquanta bombe e colpi di mortaio colpiscono ogni giorno centri abitati come Aleppo o Idlib: i famigerati barili-bomba governativi vengono sganciati quotidianamente dagli elicotteri su panetterie e mercati. Quando questo accade, sono loro, i caschi bianchi, che si precipitano a cercare di salvare la vita di chi è rimasto tra le macerie, ben consapevoli dell’alta probabilità di beccarsi la successiva in testa. Molti hanno già pagato il prezzo più alto per il loro eroismo: sono almeno 92 quelli rimasti uccisi durante il salvataggio di altre persone.
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Inoltre, ad aggiungersi alle operazioni di salvataggio, i “caschi bianchi” forniscono anche servizi pubblici alle quasi 7 milioni di persone al di fuori di ogni giurisdizione e ordine, tra cui il ripristino dell’elettricita, della rete idrica, nonchè nella messa in sicurezza degli edifici. Sono infatti la più grande organizzazione della società civile che opera in aree al di fuori del controllo del governo, e le loro azioni offrono speranza per i milioni di siriani rimasti intrappolati tra i governativi e i jihadisti. Speranza che si spegne giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno.