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Il cielo europeo e l’ombra dei droni: la nuova guerra ibrida che ridefinisce la sicurezza del continente

by Alessio Tricani
9 Novembre 2025
in Analisi
Reading Time: 17 mins read
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Il cielo europeo e l’ombra dei droni: la nuova guerra ibrida che ridefinisce la sicurezza del continente

mq9 Reaper drone

(MQ9 Reaper drone-Foto di Alessio Tricani)

Dai primi avvistamenti del 2014 agli incidenti del 2025, l’Europa si scopre vulnerabile nel proprio spazio aereo. Tra guerre ibride, percezioni di minaccia e rincorsa alla difesa comune, i droni diventano lo specchio di un’Unione Europea che cerca di capire se sta davvero costruendo sicurezza o solo alimentando la propria paura.

Il cielo europeo e l’ombra dei droni

Negli ultimi anni, lo spazio aereo europeo è diventato luogo di tensioni crescenti, allarmi, indagini e sospetti. Oggi si guarda al cielo con diffidenza. I continui avvistamenti di droni non identificati su aeroporti, basi militari e infrastrutture strategiche impongono una riflessione seria sulla sicurezza nel continente europeo. Ad ogni avvistamento di droni non identificati, oramai all’ordine del giorno, segue lo stesso rituale: voli sospesi, piste chiuse, diffusione mediatica e dichiarazioni dai toni anche accesi da parte delle autorità.

Ma cosa si nasconde dietro questo fenomeno in espansione?Si tratta davvero di operazioni di spionaggio, ricognizioni militari e tentativi di sabotaggio, oppure di un’ondata di isteria utile a legittimare l’aumento vertiginoso delle spese militari europee?

Dal 2022, la questione dei droni è parte integrante di una riflessione sulla difesa comune. L’Unione Europea, tradizionalmente più incline alla diplomazia che alla deterrenza, è costretta a ripensare oggi il proprio ruolo strategico in un mondo dove la guerra non si dichiara più apertamente come il secolo scorso, ma si insinua nei cieli, nei cavi, nelle reti informatiche e nella percezione umana con attese infinite che generano continui interrogativi senza trovare una conferma ufficiale.

Proprio la percezione del fenomeno è rilevante per giudicare e comprendere il fenomeno dei droni non identificati in Europa. La percezione pubblica, scarsamente formata e psicologicamente poco incline a considerare questi fatti come rilevanti per la propria esistenza collettiva, tende a sottovalutarne l’importanza a causa di una bassa percezione del rischio.

Dal 24 febbraio 2022 alla guerra ibrida: la nuova narrativa della minaccia

Il 24 febbraio 2022 rappresenta una data simbolo nella percezione europea della sicurezza ma anche del posizionamento dell’Europa stessa sullo scacchiere geopolitico. In quel giorno la Russia ha iniziato la cosiddetta “operazione militare speciale” in Ucraina, operazione che si è in breve trasformata nel conflitto più sanguinoso nel continente europeo dalla guerra nei Balcani, all’inizio degli anni ‘90. Ed è per questo che da febbraio 2022 la narrativa istituzionale occidentale è cambiata: dalla prudenza diplomatica si parla infatti sempre più di Difesa comune.

L’invasione dell’Ucraina non è solo una crisi territoriale, ma l’inizio di una nuova era della conflittualità, quella della guerra ibrida. In questo paradigma, l’aggressione non assume forme convenzionali ma si manifesta attraverso azioni destabilizzanti che restano nel margine della plausible deniability – la negabilità plausibile. Oggi, non servono truppe regolari per minacciare un Paese ma basta un cyberattacco, un blackout energetico, un sabotaggio infrastrutturale o, come nel caso più discusso i questi mesi, un drone che sorvola aree sensibili senza essere identificato.

A partire dal 2022 si parla sempre piu spesso del concetto di “campagna ibrida,” attribuito in gran parte alla strategia russa. La Federazione, secondo analisti della NATO e del Consiglio Europeo, condurrebbe parallelamente alla guerra convenzionale in Ucraina una guerra non dichiarata sul fronte informativo e tecnologico: attività di spionaggio, operazioni di influenza, campagne di disinformazione e, soprattutto, azioni tattiche con droni.

Ma il periodo storico che viviamo richiede pragmatismo nella terminologia. Definire un’azione come “atto di guerra” ha implicazioni enormi. Dichiarare, cosa che già avviene nei microfoni dei cronisti, che una serie di sorvoli rappresenti una forma di aggressione significherebbe infatti ammettere che l’Europa è già in guerra.

Gli elementi e fatti documentati negli ultimi anni vanno tutti in una direzione, ovvero che la guerra ibrida è già in corso, anche se nessuno sembra volerlo propagandare e dichiaralo apertamente all’opinione pubblica. Gli avvistamenti di droni, sempre più frequenti, si collocano in una zona grigia tra allarme da parte delle istituzioni e negazione da parte dei cittadini, tra percezione e realtà. La linea tra l’atto ostile e la semplice coincidenza si fa più sottile, ed i sospetti aumentano. In questo clima, il cielo europeo diventa un nuovo terreno di confronto geopolitico. Ogni oggetto volante non identificato diventa simbolo di una vulnerabilità: quella di un continente che, abituato alla pace, si scopre improvvisamente esposto alle logiche del conflitto tecnologico.

Avvistamenti e casi rilevanti dal 2014 al 2025.

L’ondata di avvistamenti di droni in Europa non è un fenomeno recente, ma affonda le sue radici nel decennio scorso. Dal 2014, la EASA, Agenzia europea per la sicurezza aerea registra eventi con numeri crescenti:

142 avvistamenti nel 2014

518 nel 2015

1.086 nel 2016

1.553 nel 2017

1.863 nel 2018

1.954 del 2019.

Una flessione nel numero di avvistamenti di droni si registra nel 2020 con 736 casi. Una diminuzione spiegabile con la pandemia di Covid-19 ed il conseguente calo del traffico aereo. La maggior parte delle segnalazioni proveniva direttamente dai piloti civili, e i numeri ci suggeriscono una presenza più strutturale che anomala e casuale visto che parliamo di spazi aerei controllati.

Tra gli episodi più noti sono l’aeroporto di Londra Gatwick nel dicembre 2018. Il traffico aereo fu sospeso dopo la segnalazione di droni in prossimità delle piste di decollo. Migliaia di passeggeri furono dirottati o rimasero a terra. Un danno economico stimato di diversi milioni di sterline.
L’episodi si ripeterono: Madrid nel febbraio 2020 e Francoforte febbraio e marzo dello stesso anno. Ogni volta, le autorità furono costrette a chiudere temporaneamente gli scali aeroportuali per motivi di sicurezza, senza riuscire a identificare l’origine dei velivoli.

Con la guerra in Ucraina in corso, in Norvegia, paese da quel momento e tutt’oggi cruciale per la sicurezza energetica europea, le autorità locali accertarono una serie di fatti che suscitarono sospetto. Nell’ottobre 2022, un cittadino russo di 51 anni viene fermato all’aeroporto di Tromsø, sorpreso a far volare un drone e violando cosi’ le sanzioni che vietano ai cittadini russi di operare aeromobili nel Paese. In quell’occasione, le autorità sequestrarono numerose apparecchiature fotografiche e schede di memoria che contenevano immagini dell’aeroporto di Kirkenes, a pochi chilometri dal confine russo, e di un elicottero militare norvegese.

L’episodio non era isolato: a Mosjøen, nel Nordland, quattro cittadini russi vengono fermati mentre fotografano aree vietate; l’11 ottobre 2022, alla frontiera di Storskog, un altro individuo viene arrestato con due droni e diverse pen drive contenenti file criptati, un elemento di assoluto rilievo.

A pochi giorni di distanza, vengono segnalati anche sorvoli non autorizzati vicino a un impianto energetico nei pressi di Stavanger. Tutti gli episodi hanno elementi in comune: si concentrano in aree strategiche per la produzione e distribuzione energetica o infrastrutture considerate critiche.

La Norvegia, diventata nel 2022 il principale fornitore di gas naturale per l’Unione Europea dopo la riduzione delle importazioni russe, ed è plausibile che il paese scandinavo possa trovarsi al centro di una possibile campagna che potremmo definire “d’interesse”.
Non si tratta dunque di paranoia o di eredità di una guerra fredda mai sopita, ma di una logica di “imagery intelligence”, raccolta visiva di informazioni strategiche attraverso dispositivi non sempre discreti a seconda delle circostanze, come i droni commerciali e hobbystici.

E se si trattasse di soli piloti di droni sprovveduti?

Dal 2023, il quadro normativo europeo prova a colmare alcune lacune, probabilmente seguendo la scia degli eventi descritti o per mitigare dei rischi dovuti ad un mercato, quello dei droni commerciali, in forte espansione.  Si introduce il sistema di identificazione remota, il cosiddetto Remote ID, che obbliga i produttori di droni di dotare gli apparecchi con trasmettitori digitali che rendono possibile la loro tracciabilità in tempo reale. Mentre tutti i nuovi droni immessi sul mercato europeo devono trasmettere informazioni come numero di registrazione, posizione, rotta e costruttore.

Mentre il Remote ID funziona solo via radio, a colmare il gap ci pensa il Network Remote ID, che identifica la posizione, la rotta e lo invia ad un database centralizzato tramite internet. Una discriminante molto importante. Un passo avanti per distinguere gli operatori civili autorizzati da quelli potenzialmente “ostili”, ma insufficiente a eliminare completamente la zona d’ombra. Molti dei velivoli segnalati durante gli anni successivi, infatti, non emettono alcun segnale identificativo, e quindi non possono essere classificati come civili né militari, oltre ad una conoscenza sviluppata nell’auto costruzione che permetterebbe di eludere alcune prassi ora obbligatorie.

Con l’arrivo del 2025, il fenomeno dei droni non identificati entra in una nuova fase. Da settembre si susseguono avvistamenti in Polonia, Norvegia e Danimarca; a ottobre, la lista si allarga a Lituania, Germania e Spagna; e a novembre, il Belgio registra la chiusura temporanea dell’aeroporto di Liegi, il 7 novembre 2025, dopo l’avvistamento di un oggetto non identificato.


In Germania, nello stesso anno, vengono documentati 144 avvistamenti sospetti, 35 dei quali nelle immediate vicinanze dell’aeroporto di Francoforte.

Le autorità polacche e baltiche, da tempo in allerta, collegano l’intensificarsi degli episodi a un aumento dell’attività militare russa ai confini orientali dell’UE.

Nella notte fra il 9 e 10 settembre 2025, almeno 19 droni russi disarmati sorvolano lo spazio aereo polacco; il ministro della difesa polacco Władysław Kosiniak-Kamysz lo definisce “un atto di aggressione che ha creato una minaccia reale alla sicurezza dei nostri cittadini”. Parole che spingono sempre più in alto l’asticella dell’attenzione sul fenomeno. Le forze armate reagiscono abbattendoli, segnando così il primo scontro diretto con velivoli russi dall’inizio della guerra in Ucraina.

Nella notte tra il 13 e 14 Settembre 2025 anche la Romania denuncia una violazione dello spazio aereo, a seguito dello sconfinamento di un drone russo identificato nell’area Tulcea-Chilia Veche Village che avrebbe sorvolato l’aerea per 50 minuti. Il drone è stato intercettato dagli F16 fino a scomparire dai radar vicino il villaggio rumeno di Chiryriavic, ed il mancato abbattimento è frutto di una decisione dovuta alla presenza di abitazioni civili nell’area.

Secondo analisti, i fatti compresi tra le date potrebbero essere riconducibili all’esercitazione programma fra Russia e Bielorussia Zapad 2025 schedulata tra il 12 settembre e il 16 settembre.

Questi episodi si inseriscono in un contesto più ampio di instabilità diffusa nei cieli europei, dove il confine tra ricognizione e provocazione resta sottile. I numeri e gli episodi raccontano una tendenza: la presenza di droni nei cieli europei è ormai costante e capillare raggiungendo ragguardevoli distanze, e i casi più gravi si verificano in prossimità di infrastrutture strategiche, installazioni militari e corridoi aerei ad alta intensità. Non sono banali dettagli.

Una volta “scremati” alcuni elementi, un altro fattore riguarda la natura dei droni avvistati. Questo è il nodo centrale. Attualmente in rete circolano pochi dettagli, poche fotografie e video che ritraggono frammenti o piccole porzioni. Spesso le aree vengono interdette agli operatori dell’informazione per condurre delle valutazioni e ricerche indipendenti sui modelli.

In diversi casi, gli esperti hanno ipotizzato si tratti di modelli derivati dai droni iraniani Shahed e ribattezzati Geran-2, ampiamente utilizzati dalla Russia nel conflitto ucraino e prodotti nella zona economica speciale russa del Tatarstan nello stabilimento di Yelabuga. Questi velivoli, con un’autonomia compresa fra 1.800 e 2.500 chilometri, possono essere lanciati da basi situate anche molto lontano dai loro obiettivi, e sono in grado di raggiungere aree dell’Europa settentrionale partendo da Capo Chauda in Crimea, dalla base di Bryansk, o perfino dai dintorni di San Pietroburgo.

La possibilità che alcuni lanci avvengano anche da Bielorussia o da Kaliningrad, l’enclave russa nel cuore dell’Europa orientale, apre scenari interessanti vista la prossimità geografica e la mancanza di “aree cuscinetto”. Ma non solo terra ferma; l’ 1 ottobre viene intercettata dalla marina militare francese la cosiddetta petroliera fantasma Boracay al largo di Saint Nazaire, sospettata di essere una piattaforma di lancio che ha permesso le incursioni verso la Scandinavia. Una presenza ambigua se consideriamo che la petroliera prima nota come Kiwala  ha evidenziato 40 carenze tra cui di tipo documentale, addestramento di equipaggio, nonché cambi di proprietà e bandiera.

La Norvegia e il Baltico sono dunque il laboratorio della competizione ibrida tra Russia e Occidente. Un’area apparentemente periferica che, in realtà, è la chiave dell’autonomia energetica e strategica europea.

Non solo droni ma anche caccia. Il 19 settembre 2025, tre Mig-31 russi violano lo spazio aereo dell’Estonia, entrando nel Golfo di Finlandia. Due F-35 italiani, impegnati nella missione NATO di Air Policing, li intercettano e li scortano fuori dai confini estoni. L’evento costringe Tallinn a chiedere consultazioni urgenti ai sensi dell’articolo 4 del Trattato del Nord Atlantico, che prevede incontri immediati ma non è una richiesta di intervento armato. Rimane comunque un segnale politico importante che sottolinea come l’Estonia considera ormai la minaccia non più potenziale, ma qualcosa di concreto. Anche in questi casi il confine tra certezze e paranoie si confondono visto che il fatto si sarebbe verificato senza violare lo spazio aereo estone, in uno tratto di mare molto ambiguo e “ristretto” tra Finlandia ed Estonia e che è suscettibile di attriti.

Appena due giorni dopo, il 21 settembre, un aereo da ricognizione russo Ilyushin Il-20M, specializzato in intelligence elettronica (ELINT) e intercettazioni di comunicazioni (COMINT), viene avvistato sopra le acque internazionali del Mar Baltico, in volo senza transponder e senza contatto radio. Il velivolo viene rapidamente intercettato da Eurofighter decollati dalla base tedesca di Rostock. La presenza di questo aereo è tutt’altro che banale in quanto lo scopo di base è quello di carpire e confrontare i vecchi e nuovi sistemi di difesa, dunque “ascolto elettronico”, dati in sostanza ad alto valore strategico.

La serie di incursioni non si ferma. Il 24 settembre, uno sciame di droni non identificati viene rilevato sopra tre aeroporti danesi: Aalborg, Esbjerg e Sønderborg, oltre che nei pressi della base navale di Skrydstrup. Il giorno successivo, 25 settembre, episodi vengono segnalati presso la base navale delle isole Styrkoe e Tjurkoe, in Svezia, aree particolarmente sensibili per la presenza di depositi navali e sistemi di sorveglianza del Mar Baltico. Il 29 settembre, un nuovo sciame di droni sorvola l’aeroporto di Brønnøysund, nel nord della Norvegia, costringendo le autorità a sospendere i voli per precauzione.

La stampa europea ribattezza questa fase con un neologismo: “balticizzazione”. Un termine che riecheggia la “balcanizzazione”, ma che qui indica un fenomeno diverso: potremmo interpretarla come la progressiva estensione delle tensioni militari ai Paesi del Mar Baltico, in una “spirale estensiva” e sistemica. L’impressione condivisa dagli osservatori è che si tratti di una prova di stress geopolitico: una serie di incursioni mirate a testare la reazione dell’Europa, ma come vedremo ogni azione ha una conseguenza.

Dietro ogni avvistamento c’è una lezione da imparare. Le difese aeree europee si rivelano frammentate, con procedure di allerta e protocolli anche onerose in termini economici quando si tratta di far decollare aerei militari per contrastare la presenza dei droni. Gli episodi del settembre e ottobre 2025 dimostrano che, nonostante gli sforzi verso una difesa unica dopo l’inizio della guerra in Ucraina, l’Europa non dispone ancora di una rete di difesa integrata capace di reagire in modo coordinato, efficace ed economico.

Ciò che abbiamo visto fino ad ora è possibile inquadrarle come azioni ostili sotto soglia per non innescare formalmente una risposta militare, ma capaci di erodere la fiducia e la percezione di sicurezza collettiva e instillare sfiducia. Infatti la collettività è fatta di persone.

La risposta di UE e NATO e l’ascesa della Difesa Europea

La sequenza di eventi avvenuti in questi anni rappresenta per l’Unione Europea un punto di svolta politico e strategico. Soprattutto in un era in un “l’assicurazione” americana dopo la rielezione di Trump inizia a vacillare e la Casa bianca chiede piu contributi da parte degli stati appartenenti alla NATO. Il fenomeno degli  Unmanned Aerial Vehicle ( UAV ) viene interpretato come una minaccia strutturale e sistemica alla sicurezza continentale. La rapidità e la costanza con cui gli avvistamenti si moltiplicano costringe Bruxelles e l’Alleanza Atlantica a passare ad una strategia di preparazione preventiva.

Il 6 ottobre 2025 viene presentata al Parlamento europeo una proposta di risoluzione congiunta la 2025/2901(RSP) approvato il 09/10/2025 per la creazione di un sistema di monitoraggio unificato delle incursioni aeree non identificate, un centro di comando e controllo comuni per la gestione del fenomeno degli UAV. Aumentare di dieci volte il finanziamento per la mobilità militare nel prossimo Quadro Finanziario Pluriennale e di investire massicciamente in infrastrutture “dual use”, specie nelle regioni di frontiera. Oltre alla condanna della Russia per il disturbo deliberato dei segnali GNSS (GPS) nel Baltico e nel Mar Nero, considerato un grave rischio per la sicurezza dell’aviazione civile e del trasporto marittimo.

Sul piano europeo assistiamo ad un salto di qualità nella narrazione e si accelera verso la “difesa comune europea”. L’Alta rappresentante per gli Affari Esteri e la Sicurezza, Kaja Kallas, definisce questa fase “l’era della difesa europea”, sottolineando come l’Unione non possa più delegare la propria sicurezza esclusivamente alla NATO. Già notiamo come tra il 2024 e il 2025, la spesa militare complessiva dell’UE passa da 343 miliardi di euro a 381 miliardi, con un incremento del 19% rispetto al 2023. E con un 2026 alle porte, le previsioni e gli eventi posso suggerire un ulteriore aumento.

I programmi chiave, sono raccolti nel documento “Defence Readiness Roadmap 2030”, che definisce la visione a lungo termine della sicurezza europea. Al centro del piano vi è l’European Drone Defense Initiative (EDDI), un progetto multilivello che mira a creare un sistema di difesa integrato contro le minacce aeree di nuova generazione. Il progetto prevede l’uso combinato di sensori, radar avanzati, rilevatori acustici, laser, missili intercettori e droni anti-drone, con la piena operatività prevista per la fine del 2027. Parallelamente è stato inaugurato anche il programma Eastern Flank Watch, dedicato al rafforzamento del fianco orientale dell’Unione. Il progetto mira a potenziare la sorveglianza aerea, terrestre e marittima di Polonia, Romania ed Estonia, ovvero i Paesi più esposti alla guerra ibrida russa, e prevede anche la creazione di centri di comando regionali interoperabili con la NATO nonchè l’installazione di nuove reti radar integrate.

Altri due programmi completano la visione strategica europea: l’European Air Shield e l’European Space Shield, sistemi complementari che si concentrano rispettivamente sulla difesa antiaerea e sulla protezione delle infrastrutture spaziali. In parallelo, vengono avviati progetti di ricerca sull’intelligenza artificiale militare, cyberdifesa avanzata e integrazione multidominio, con l’obiettivo di garantire la piena autonomia operativa europea entro il 2030.

Tutti questi piani rispondono a un imperativo politico e psicologico: ridurre la dipendenza dagli Stati Uniti e rafforzare la capacità europea di rispondere in modo autonomo alle minacce emergenti.
In altre parole, trasformare l’Unione da soggetto economico a soggetto strategico.

Tuttavia, non mancano le tensioni interne. Alcuni Stati membri, in particolare dell’Europa meridionale, vedono con scetticismo l’aumento della spesa militare e temono che la “militarizzazione” della politica europea possa alimentare una spirale di sospetto reciproco. È il riflesso di un dilemma antico e mai risolto ovvero quello della sicurezza come fattore di instabilità.

A fronte di incrementi in spesa militare e nuovi programmi di difesa l’UE si trova davanti a un paradosso: per sentirsi più sicura, deve investire di più nella difesa ma nel farlo rischia di essere percepita come un blocco aggressivo da parte dei suoi vicini orientali. È il cosiddetto “dilemma della sicurezza”, che emerge ogni volta che un attore, cercando di rafforzarsi, genera involontariamente nuove paure e tensioni.

Ma in questo contesto è innegabile che si definisca sempre di più un identità comune europea. Costruire una difesa comune significa anche ridefinire il proprio ruolo nel mondo e definire dei punti fermi verso gli attori esterni, trovare un equilibrio tra deterrenza e dialogo, tra autonomia e alleanza atlantica.

Conclusioni

Il 2025 per l’Unione Europea dovrebbe essere ricordato come un periodo di pace vigile, dove i confini tra sicurezza, sospetto e paure si confondono. I cieli del continente sono diventati teatro di un allerta permanente per i più accorti e interessati, mentre per il pubblico generale non sembra ancora motivo di preoccupazione. Eppure ogni avvistamento di droni o velivolo militare straniero genera lo stesso interrogativo: sono una minaccia reale o suggestione?

Si attende in uno scenario ambiguo, fino al materializzarsi di una realtà meglio definita e visibile. La scarsa percezione del rischio è causata ancora da una scarsa informazione e divulgazione sui pericoli potenziali di un drone non identificato che attraversa il cielo di Liegi o Francoforte è comunque un atto politico e dovrebbe mette in discussione la fiducia verso gli apparati sovranazionali. Le risposte europee, dai nuovi programmi antidrone all’aumento delle spese militari, allo stato attuale sono necessarie ma non prive di conseguenze nel lungo periodo proprio in virtù della percezione che saprà dare di se l’Europa.


Il cielo europeo è oggi è lo specchio di un continente. Sotto le sue traiettorie dei cosiddetti “oggetti non identificati” si gioca una partita non solo militare, ma anche psicologica e diplomatica verso l’eurasia, e serve distinguere il rischio reale da quello percepito. In questo momento storico l’Europa, si combatte contro la propria paura di essere colta di sorpresa. E nonostante i sospetti, serve non smettere di interrogarsi su cosa sia e cosa vuole quell’oggetto.

FONTI CONSULTATE

https://www.easa.europa.eu/sites/default/files/dfu/drone_incident_management_at_aerodromes_part1_website_suitable.pdf

https://defence-industry-space.ec.europa.eu/document/download/9db42c04-15c2-42e1-8364-60afb0073e68_en?filename=Joint-Communication%20_Defence-Readiness-Roadmap-2030.pd

https://it.euronews.com/my-europe/2025/11/02/nuovo-avvistamento-di-droni-su-base-militare-in-belgio-ministro-francken-lancia-lallarme

https://it.euronews.com/next/2025/09/30/quali-paesi-europei-hanno-individuato-droni-sospetti-nel-loro-spazio-aereo

https://tg24.sky.it/mondo/video/2025/11/05/tutti-gli-avvistamenti-di-droni-sugli-aeroporti-europei-1049052

https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/RC-10-2025-0419_EN.html

https://oeil.secure.europarl.europa.eu/oeil/en/document-summary?id=1851840

https://www.washingtonpost.com/world/2022/10/16/norway-russia-drone-airport-arrest

https://apnews.com/article/russia-ukraine-business-denmark-norway-f0014ad89820812650c9a8250c9c1aee

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https://www.abc.net.au/news/2022-10-14/norway-detains-russian-man-found-with-drones-arctic-border/101539380

https://it.euronews.com/2025/09/21/nuova-provocazione-russa-aerei-da-ricognizione-sul-mar-baltico-intervento-nato

https://kyivindependent.com/romania-was-close-to-downing-russian-drone-before-it-returned-to-ukraine-minister-says/?utm_source=chatgpt.com

https://www.internazionale.it/ultime-notizie/2025/09/10/polonia-abbatte-droni-russi

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https://it.euronews.com/my-europe/2025/09/04/spesa-per-la-difesa-quali-paesi-ue-sono-in-grado-di-raggiungere-lobiettivo-nato-del-35-del

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Alessio Tricani

Videogiornalista e fotografo, collabora con agenzie estere e nazionali. Nel corso della sua attività ha documentato e lavorato in Ucraina, nel Kurdistan iracheno, nel Libano del sud, durante le manifestazioni di ricorrenza della caduta di Hosni Mubarak del 2011 in Egitto e nelle proteste dei Gilet Gialli in Francia. Ha partecipato a più missioni nel Mediterraneo centrale.

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