Il conflitto siriano, segnato da anni di lotte e alleanze in continuo cambiamento, è entrato in una nuova fase. Con sviluppi significativi sia a livello nazionale che internazionale.
Le onde d’urto che la conquista di Aleppo ha suscitato hanno ormai raggiunto l’intera regione mediorientale, mentre le potenze regionali e internazionali continuano a cercare di plasmare la situazione attuale attraverso manovre politiche e strategie che si evolvono di ora in ora. Questi eventi strettamente interconnessi tra di loro sottolineano la natura sfaccettata del conflitto e le sue implicazioni a lungo termine.
La conquista di Aleppo da parte dell’opposizione rappresenta ad oggi una delle vittorie più decisive contro il regime di Assad. La città, centro industriale ed economico cruciale per le sue infrastrutture e risorse, è caduto con sorprendente facilità mentre l’esercito siriano si ritirava. Il controllo su Aleppo offre ora all’opposizione non solo una posizione strategica, ma anche la possibilità di rimodellare il corso della guerra in maniera più ampia.
Le zone industriali della città, tra cui Sheikh Najjar, Arqoub e al-Kallasa, offrono infatti enormi potenzialità per rivitalizzare i territori controllati dall’opposizione e fornire rifugio ai rifugiati siriani. Inoltre, la caduta di Aleppo ha ridimensionato l’influenza del regime di Assad nel paese nonchè la sua capacità di sostenere lo sforzo bellico, segnando un cambiamento significativo negli equilibri di potere all’interno della Siria.
Mentre l’opposizione consolida il controllo su Aleppo e sulle sue zone circostanti, si trova anche ad affrontare l’importante compito di stabilire un governo e provvedere alla stabilità delle provincie sotto il proprio controllo. Un ruolo che potrebbe rappresentare un’opportunità per organizzarsi militarmente e politicamente con l’intenzione di formare istituzioni di difesa strutturate. Ma che allo stesso tempo richiede coordinazione e risorse per trasformare la città in un centro amministrativo ed economico. Obiettivo difficile da raggiungere senza il supporto economico e politico della Turchia.
Nel frattempo, le dimensioni internazionali del conflitto siriano continuano a evolversi. Israele negli ultimi giorni ha intensificato le sue operazioni all’interno della Siria, focalizzandosi nelle attività di contrasto ad Hezbollah e delle forze iraniane. Nei giorni scorsi, un attacco aereo israeliano ha colpito un veicolo sulla strada per l’Aeroporto Internazionale di Damasco, uccidendo una persona e ferendone un’altra. Sebbene le identità degli individui non siano state divulgate, tali operazioni sono in linea con l’obiettivo più ampio di Israele di impedire il trasferimento di armi avanzate a Hezbollah in Libano e di contenere l’influenza iraniana nella regione.
Parallelamente, gli attacchi israeliani si sono estesi ai valichi di confine tra Siria e Libano, tra cui il valico di Jose e quelli di Al-Jubaniya, segnalando attività tese a monitorare e distruggere le rotte di contrabbando di armi sfruttate dall’Iran. Queste azioni giungono in un contesto di crescente escalation militare in Siria e sottolineano il continuo coinvolgimento di Israele, mosso da preoccupazioni per la propria sicurezza.
L’Iran, un altro attore chiave, ha espresso forti critiche alle recenti azioni della Turchia in Siria. Le dichiarazioni di funzionari iraniani hanno descritto la Turchia come allineata agli interessi di Israele e degli Stati Uniti, accusandola di esacerbare le tensioni in Siria. Teheran ha inoltre ribadito il suo sostegno al regime di Assad. Aiuto che potrebbe includere supporto militare diretto per assistere il suo alleato siriano, mobilitazione dei propri alleati in Iraq e Yemen, nonchè l’attivazione della rete di milizie nella regione in continuazione della guerra in corso contro Israele.
Da parte sua, la Turchia ha enfatizzato la necessità di una risoluzione politica, difendendo però le sue operazioni militari come essenziali per garantire la sicurezza dei propri confini e mantenere la stabilità regionale. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha sottolineato l’importanza dell’integrità territoriale e della stabilità della Siria, allineandosi con l’Iraq su questi obiettivi. Tuttavia, le complessità della situazione, comprese le attività delle fazioni appoggiate dalla Turchia e la continua evoluzione delle manovre militari sul campo, complicano queste aspirazioni.
L’evolversi della situazione sul campo ha anche attirato l’attenzione sulla precaria posizione della base navale russa di Tartus, una risorsa strategica per Mosca. Secondo alcune voci, la Russia potrebbe presto evacuare alcune delle sue navi da Tartus in risposta alla crescente instabilità nella regione. La base è stata un punto di forza dell’influenza russa in Siria dal 1971, fungendo sia da punto di partenza per le operazioni navali sia da simbolo dell’impegno di Mosca nei confronti del suo alleato di Damasco. La possibile evacuazione evidenzia le più ampie ramificazioni geopolitiche dei recenti eventi e solleva più di un interrogativo sulla strategia a lungo termine della Russia in Siria e sulla sua disponibilità ad essere coinvolta in una guerra totale con gli Stati Uniti, che continua a mantenere un piccolo contingente lungo il confine tra Siria e Iraq.
Le dinamiche in evoluzione, segnate dall’interazione tra fazioni locali, potenze regionali e attori internazionali, hanno riportato il conflitto siriano al centro dell’attenzione globale. La presa di Aleppo da parte delle forze di opposizione, gli interventi mirati di Israele e i riallineamenti strategici di Iran, Turchia e Russia illustrano la rete intricata di interessi che sta plasmando il futuro della Siria. Mentre i ministri degli esteri delle principali parti interessate si preparano a incontrarsi a Doha, la posta in gioco è più alta che mai, con la possibilità di ridisegnare i confini di influenza e scrivere un nuovo capitolo di questo conflitto. Tuttavia, questi sviluppi comportano anche il rischio di un’escalation verso una guerra più ampia che potrebbe estendersi ben oltre i confini del Medio Oriente.