“Noi crediamo che questa generazione di bambini sia quella del Califfato. A Dio piacendo, questa generazione lotterà gli infedeli e gli apostati, gli americani e i loro alleati” (Di Nino Orto) Li trovi in prima fila durante le decapitazioni pubbliche e le crocifissioni che si tengono a Raqqa e in tutte le città sotto il controllo dello Stato islamico. Sono utilizzati per le trasfusioni di sangue quando i combattenti dello Stato Islamico sono feriti. Sono pagati per spiare e addestrati a diventare kamikaze senza nessuna remora. Sono i cuccioli del califfato, i futuri soldati dello Stato Islamico.
Mohammad è una spia. E’ un adolescente di 14 anni impiegato dai jihadisti per “ascoltare” le chiacchiere nei mercatini e nelle strade di Mosul e per segnalare ai suoi capi quando qualcuno infrange le regole. Guadagna molto per ogni “soffiata”. E’ uno dei tanti giovanissimi che dal 2013 contribuiscono a mantenere la rete di intelligence dello Stato islamico nel vastissimo territorio sotto il controllo del gruppo tra Iraq e Siria.
All’opposto c’è Omar, che per essersi rifiutato di arruolarsi nei ranghi di Baghdadi ha subìto l’amputazione di una mano e di un piede in un chiaro avvertimento a tutti gli altri adolescenti che la pensassero diversamente dalla milizia. Il messaggio ricorda loro che dai 16 anni sono tutti attesi nel Califfato; come spie, ma anche e soprattutto come combattenti o kamikaze.
Lo Stato Islamico continua ad indottrinare ed addestrare migliaia di bambini e adolescenti nei territori sotto il suo controllo e investe ingenti somme per la formazione militare ed ideologica delle nuove leve con il fine di plasmare la prossima generazione di truppe d’assalto jihadiste.
Secondo alcune indiscrezioni, che trapelano da molti media arabi, i bambini del Califfato verrebbero anche addestrati a diventare spie all’interno delle loro famiglie, raccogliendo informazioni sui parenti e genitori che non supportano la milizia di Baghdadi, disumanizzando così fin da piccoli qualsiasi sentimento personale possa anteporsi o contrastare l’obiettivo generale della creazione del Califfato.
Le testimonianze dei bambini raccolte dai media internazionali indicano un presumibile (e inquietante) cambiamento per il futuro del Medio Oriente: migliaia, ma potenzialmente decine di migliaia, di adolescenti vengono arruolati e mandati a combattere sotto un ideologia para-statale di ispirazione messianica all’interno di una chiara e ben delineata strategia politica e militare.
E non è solo una prerogativa maschile. Anche le ragazze sono un ingranaggio importantissimo del meccanismo; emergono testimonianze che riferiscono di come le bambine siano indottrinate fin dalla scuola primaria a cercare la morte come loro dovere religioso.
Le storie che man mano vengono raccolte rivelerebbero, inoltre, un organizzato e strutturato processo di addestramento militare che mira a coltivare un esercito di guerrieri totalmente leale e ideologicamente puro per il futuro del Califfato.
Fred Abrahams, consigliere speciale presso Human Rights Watch, ha intervistato numerosi membri della comunità yazida irachena scampati alla cattura da parte dei jihadisti. Secondo quanto riferisce, molti hanno dichiarato di aver visto i miliziani separare i ragazzi dalle loro famiglie per inviarle in scuole per formarli religiosamente e militarmente.
Lo scorso anno, Vice News ha prodotto un reportage da Raqqa, capitale dello Stato Islamico in Siria, producendo un documentario sulla vita all’interno della città dominata dal gruppo. La seconda puntata dello speciale è stata proprio concentrata sull’attenzione quasi maniacale con cui lo Stato Islamico tende a indottrinare e addestrare i bambini attraverso spettacoli pubblici e sermoni ripetuti con ossessiva costanza.
“Noi crediamo che questa generazione di bambini sia quella del Califfato. A Dio piacendo, questa generazione lotterà gli infedeli e gli apostati, gli americani ei loro alleati” dichiarava un uomo durante il reportage.
A sorvegliare l’intero “sistema” vi sarebbe il network di ex-militari e ufficiali di intelligence, molti dei quali per decenni hanno gestito i servizi interni dell’ex-rais Saddam Hussein e del suo partito baath.
Gli ufficiali di Saddam sono stati e continuano ad essere un potente fattore di crescita per lo Stato islamico, in particolare nelle vittorie del gruppo in Iraq lo scorso anno, ma anche nella creazione dell’apparato para-statale che vede nell’indottrinamento dei bambini la propria linfa vitale.
La convergenza di interesse tra jihadisti e membri dell’ex-partito baath ha permesso l’assorbimento di migliaia di questi quadri militari, che hanno rafforzato la strategia del gruppo nonché le tattiche di battaglia e il processo di nation-building in Siraq, divenendo ormai parte imprescindibile alla sopravvivenza dell’auto-proclamato Califfato.
Il ministro delle Finanze iracheno Hoshyar Zebari, un curdo che ha trascorso anni opponendosi al regime di Saddam, ha recentemente rivelato come gli ex baathisti che lavorano con lo Stato islamico abbiano dotato la milizia di un know-how di tutto rispetto, soprattutto per quanto riguarda l’intelligence. “Sanno chi è chi, famiglia per famiglia, nome per nome“. Tutto il resto è storia.
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