E’ ormai chiaro come gli obiettivi prefissati da Riyad non solo non siano stati raggiunti, mostrando tutte le debolezze saudite all’interno dell’alleanza anti-houthi, ma nel probabile scenario di una escalation nel conflitto, questo potrebbe evidenziare ulteriori criticità all’interno della casa dei Saud.
Il 25 marzo scorso, parallelamente alla repentina avanzata dei ribelli sciiti Houthi e alla destituzione del presidente Abdu Rabbu Mansour Hadi, l’Arabia Saudita annunciava l’inizio delle operazioni militari in Yemen, inaugurando una campagna di bombardamenti aerei in coordinamento con una coalizione composta da Qatar, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Egitto, Sudan, Bahrain, Marocco, Giordania, così come Stati Uniti e Unione Europea.
La posizione saudita è stata fin da subito ambigua: la Monarchia sarebbe stata disposta ad intraprendere una campagna militare contro i ribelli sostenuti dagli iraniani indipendentemente dal tempo impiegato per raggiungere l’obiettivo.
Ma quali sono gli obiettivi della campagna yemenita e la strategia di medio periodo attraverso il quale raggiungerli?
A sette mesi dall’inizio dell’offensiva saudita è proprio quell’indefinita dichiarazione di guerra, unita all’apparente assenza di obiettivi strategici, ad essere il principale punto di attrito tra gli alleati anti-Houti in Yemen.
Nonostante l’imponente mobilitazione da parte dei media e dei politici dell’alleanza al fine di creare un sentire comune degli arabi del golfo contro i ribelli yemeniti, secondo molti analisti vi è un crescente malcontento popolare contro i leader delle nazioni facenti parte la coalizione, in particolar modo contro l’Arabia Saudita.
Quando la scorsa settimana il governo egiziano ha ufficialmente negato di aver inviato truppe nello Yemen, sconfessando le notizie provenienti da media sauditi, è stato evidente a tutti anche la differenza di vedute tra i principali partner della coalizione.
La mancata approvazione, da parte del Kuwait, dell’invio di truppe in Yemen è stata un ulteriore causa di attrito tra gli alleati del golfo, anche per la volontà kuwatiana di non voler sostenere nessuna fazione in lotta, memore delle conseguenze pagate dal suo appoggio all’Iraq durante la guerra contro l’Iran.
Ma, le differenze sono emerse in particolare tra gli Emirati Arabi Uniti e la famiglia degli Al-Saud, soprattutto dopo l’uccisione, in un attacco missilistico delle milizie sciite, di 52 soldati emiratini, che hanno creato un altissimo scontento popolare che ha influenzato, e non poco, la posizione degli emirati riguardo il conflitto in Yemen.
Inoltre l’Arabia Saudita, se da una parte si trova ad affrontare differenze di vedute, forse insanabili, con gli alleati riguardo la campagna yemenita, dall’altra deve fare i conti con profonde spaccature all’interno della famiglia regnante.
E’, infatti, ormai chiaro come gli obiettivi prefissati da Riyad non solo non siano stati raggiunti, mostrando tutte le debolezze saudite all’interno dell’alleanza anti-houthi, ma nel probabile scenario di una escalation nel conflitto, questo potrebbe evidenziare ulteriori criticità all’interno della casa dei Saud.