Il 29 giugno si assiste dunque all’ultima fase del progetto di Baghdadi, che dal pulpito di una moschea di Mosul si proclama nuovo Califfo dei musulmani sotto il nome di Ibrahim. Lo Stato Islamico che si configura si estende da Aleppo, nel nord della Siria, fino a Diyala in Iraq. (di Nino Orto) Un fantasma dai tanti nomi con una vita passata nell’ombra del jihadismo internazionale. Il Dr. Ibrahim ‘Awwad Ibrahim ‘Ali al-Badri al Samarrai, meglio conosciuto come Abu Du’a o Abu Bakr al-Baghdadi, sembra un personaggio uscito da un film di Hollywood. Attuale leader dell’Islamic State of Iraq and Sham nonché autoproclamato Califfo dell’Iraq, sono molte le controversie riguardo la sua carriera di jihadista. Miliziano sanguinario tanto quanto visionario stratega, celebrato contemporaneamente come traditore ed eroe delle masse musulmane, lo scenario complessivo riguardo la sua storia personale appare abbastanza confuso, con pochi elementi certi. Tra questi il fatto che è nato a Samarra, una città a maggioranza sunnita a nord di Baghdad, nel 1971, ed ha ricevuto una istruzione di livello elevato conseguendo una laurea in studi islamici all’Università islamica di Baghdad.
Nonostante non si abbiano notizie attendibili della giovinezza del auto-proclamato Califfo, secondo alcuni media internazionali, negli anni precedenti all’invasione statunitense dell’Iraq potrebbe essere stato un predicatore nella provincia di Diyala, nord-est di Baghdad, dove operava il suo gruppo a partire dal 2003, durante l’occupazione. A fornirci una versione più dettagliata, seppur difficile da confermare, sono però alcuni media afgani che rivelano come il capo dell’ISIS avrebbe cominciato la sua personale storia di jihadista alla fine degli anni novanta, tra le montagne dell’Afghanistan dominata dai Talebani, dove insieme ad Abu Mussab Al-Zarqawi, figura chiave nella sua fulminante “carriera”, avrebbe militato tra i ranghi della milizia degli Ishaq, operativi nella regione di Bagram, e poi a Kabul, dove sarebbe rimasto fino al 2000.
Il punto di svolta si ha tuttavia nel 2001, quando dopo l’attacco alle Torri Gemelle scatta l’offensiva di Washington in Afghanistan e si stringono i margini di manovra per i membri del network terroristico di Bin Laden. Lo stesso anno, il nome di Baghdadi comparirebbe di nuovo accanto a quello di Zarqawi, quando quest’ultimo costituisce una nuova filiale della “Base”, ossia al-Qeda in Iraq (AQI), che da lì a breve sarebbe diventata una delle più sanguinarie milizie attive in Iraq. A seguito dell’invasione statunitense del 2003, militando tra i ranghi di AQI sotto il comando di Zarqawi, al-Baghdadi, che nel frattempo aveva già acquisito il nom de guerre di Abu Du’a, comincia a conquistare rispetto e visibilità tra l’establishment jihadista e i circoli sunniti iracheni, combattendo contro gli americani a Fallujia e specializzandosi nella infiltrazione di combattenti e kamikaze dalla Siria.
Tra il 2004 e il 2005 avviene un altro passaggio fondamentale nella storia del leader jihadista, anche questo non senza contraddizioni. Secondo le autorità statunitensi al-Baghdadi sarebbe stato detenuto come “internato civile” dalle Autorità americane per dieci mesi, da febbraio a dicembre 2004, per poi essere liberato senza alcun capo d’accusa. Numerosi media internazionali riferiscono invece di come il jihadista sia stato catturato dalle truppe statunitensi e condotto al campo di detenzione di Camp Bucca, nel sud dell’Iraq, dove è rimasto prigioniero dal 2005 al 2009, periodo in cui sembrerebbe essersi persa ogni traccia del miliziano sia in Iraq che altrove.
Intanto l’offensiva di Washington prosegue. Quando nel 2006 gli Stati Uniti riescono ad uccidere Abu Mussab al-Zarqawi con un incursione aerea nelle vicinanze di Baquba, a nord di Baghdad, la catena di comando di al-qeda irachena cambia nuovamente, così come il gruppo, che diventa lo Stato Islamico dell’Iraq (ISI) sotto il comando dello sheikh Abu Abdullah Rashid al-Baghdadi coadiuvato da Abu Ayyub al-Masri. La milizia, nonostante il cambio di sigla, continua ad essere protagonista degli spettacolari attacchi condotti contro la comunità sciita nel biennio di guerra interconfessionale 2006-2008. Nel 2010, tuttavia, entrambi vengono uccisi durante uno scontro a fuoco con soldati statunitensi. Evento che azzera di fatto la leadership jihadista irachena facendo credere a Washington, anche grazie agli enormi progressi compiuti dal Surge del Generale Petraus negli anni precedenti, di essere riuscita finalmente a sconfiggere la presenza di al-Qeda in Iraq.
Il nome di Abu Du’a, o al Baghdadi, riemerge dall’ombra proprio durante questa fase, quando prende il controllo dell’ISI nell’aprile 2010 in un contesto iracheno fortemente ostile, nella quale la popolazione sunnita stava già collaborando da mesi con il governo centrale e gli statunitensi contro al-qeda. Il gruppo si mimetizza, conta sulla segretezza, si organizza continuando a tessere le trame del proprio programma politico. Ma è la crisi siriana, che alla fine del 2011 era già sfociata in conflitto armato, a fornire l’occasione d’oro per le ambizioni di Baghdadi. Il 9 aprile 2013 il nome del gruppo viene cambiato ancora una volta da Islamic State of Iraq in Islamic State of Iraq and Sham, sottolineando la volontà di integrare sotto la propria giurisdizione anche paesi come Giordania, Israele, Palestina, Libano, e parte della Turchia. La mossa era chiara, l’ISIS sarebbe dovuto divenire l’unico attore jihadista in Siria come in Iraq e il leader di Al-Nusra, Abu M. al-Jawlani, avrebbe dovuto fondere il suo gruppo con quello di al-Baghdadi.
Il rifiuto di Jawlani e la “scomunica” pubblica di Zawahiri nei confronti di al-Baghdadi, nel febbraio 2014, segnano un altro spartiacque nella carriera del leader dell’Isis, che impone un accelerazione agli eventi. Dopo aver posto sotto il proprio controllo durante il 2013 la maggior parte della Siria nord-orientale, compresa la roccaforte di Raqqa, l’ISIS concentra i propri sforzi in Iraq riuscendo a conquistare nel gennaio 2014 la città di Falluja. Pochi mesi dopo, il 9 giugno 2014, lancia una imponente offensiva che sbriciola le strutture difensive costruite nelle regioni sunnite dal governo di Baghdad e che frutta al gruppo il controllo della città di Mosul e di cinque provincie del nord dell’Iraq, nonché qualcosa come un miliardo di dollari saccheggiati dalle casse della Banca Centrale di Mosul. In pochi giorni, la ritirata dell’esercito iracheno, lasciava dietro di sé enormi depositi di armi, munizioni, esplosivi, armi pesanti, veicoli, razioni militari, elicotteri Blackhawks, aerei cargo. L’equipaggiamento militare sequestrato dai miliziani dell’ISIS include anche visori notturni, fucili M4 ed MI6, lanciagranate, mitragliatrici, missili terra-aria Stinger, artiglieria pesante, missili Scud, carri armati, veicoli corazzati Humvies.
Il 29 giugno si assiste dunque all’ultima fase del progetto di Baghdadi, che dal pulpito di una moschea di Mosul si proclama nuovo Califfo dei musulmani sotto il nome di Ibrahim. Lo Stato Islamico che si configura si estende da Aleppo, nel nord della Siria, fino a Diyala in Iraq. Un vastissimo territorio sotto il pieno controllo della milizia jihadista che include la seconda città dell’Iraq, Mosul, e l’enorme raffineria petrolifera di Baiji, vicino Baghdad. Oggi IS è dunque militarmente e finanziariamente il più potente gruppo jihadista nel mondo; Abu Bakr al-Baghdadi è diventato una seria minaccia non solo per i governi arabi ma anche per quelli di Washington e Teheran, nonchè per la stessa al-Qeda ed il suo leader Ayman al Zawahiri.
A conti fatti, il suo beffardo commento ai soldati statunitensi al momento della liberazione dal carcere iracheno in cui era stato rinchiuso – I’ll see you guys in New York – non è da prendere alla leggera.