(By Nino Orto)”Bashar al-Assad fuori?” La Russia sgancia la sua bomba politica a pochi mesi dalle nuove elezioni presidenziali in Siria. Anni di conflitti locali, regionali ed internazionali mai risolti hanno riacceso diatribe tra gli alleati del fronte a sostegno del dittatore.
Troppe le divergenze. Politiche, come ad esempio la mancata stesura di una nuova Costituzione maggiormente inclusiva nonostante le promesse degli Assad nonchè la presenza dei Pasdaran in tutti i gangli di potere di Damasco. Militari, come la situazione ad Idlib che rimane in mano ai ribelli e con Ankara che ha già messo in chiaro di non avere nessuna intenzione di cedere di un millimetro sulle postazioni lungo il confine.
Una grattacapo per il Cremlino, sempre piu’ deciso ad uscire dall’impasse che si è creato nel Paese e che sta drenando da quasi un decennio ingenti risorse. La tempesta perfetta per il Presidente siriano, che adesso deve far fronte ad una sempre più probabile convergenza di interessi tra Mosca-Washington-Bruxelles per porre fine al suo regno di terrore.
Tutto questo mentre la proposta relativa a un piano americano-europeo per aumentare la pressione politica sul regime non solo non è stata abbandonata ma addirittura implementata. Accogliendo in questo senso le richieste di Mosca per evitare uno scontro diretto con Teheran e sganciare in maniera “morbida” il regime siriano dagli Ayatollah.
Sul piano interno, effetti in questo senso si sono visti durante il mese scorso, con un inusuale aumento di attacchi israeliani contro target iraniani in tutto il paese, particolarmente verso la Quarta Divisione guidata da Maher al-Assad. Negli ultimi tempi si è anche assistito ad inusuali discorsi sulla potenziale struttura del nuovo governo e sul destino del clan degli Assad, nonchè di possibili nomenclature idonee alla candidatura per la presidenza del Paese.
Sul piano esterno, tra poche settimane entrerà in vigore il Caesar Act negli Stati Uniti sulle torture perpetrate da Damasco in concomitanza con la pubblicazione del rapporto OPCW, che confermerà la responsabilità del regime negli attacchi con il gas sarin contro i civili di Hama nel marzo 2017.
La posizione del Cremlino sembra essere chiara: sostenere la continuità dello Stato siriano e non di una particolare famiglia o clan. La Russia non è piu’ in grado di gestire la situazione politicamente ed economicamente. La comunanza negli obiettivi strategici tra Teheran/Damasco e Mosca sembrano essere infatti arrivati al capolinea.
I prossimi mesi porteranno con sè importanti sviluppi sull’evoluzione del conflitto e sugli assetti politici in Siria. Resta da vedere come reagirà l’Iran, che ha ancora molte carte da giocare sul campo.