“Ogni persona che non è a proprio agio con se stessa può essere intercettata. I reclutatori sanno sempre le parole giuste da usare, non sono stupidi. È manipolazione, e purtroppo si rimane intrappolati” (di Redazione) La maggior parte delle quindicenni francesi passano il loro tempo sui social a chattare con amici e compagni di scuola su interessi comuni come musica e film; Aline è diversa. Mentre i suoi coetanei utilizzano la rete per inviare messaggi su Facebook e Whatsapp, o inviare foto su Instagram, Aline esplora Internet per procurarsi un passaporto falso, così da poter andare in Siria a combattere per lo Stato Islamico.
Come molti in Francia, Aline (nome di fantasia) è cresciuta come una cattolica. E’ stato durante la sua adolescenza che ha deciso di convertirsi all’Islam. Bambina intelligente e curiosa, Aline ha da sempre un profondo interesse per la religione. La madre ricorda quando la ragazza, quando aveva sei o sette anni, “aveva deciso che voleva lavorare in una chiesa“
Il suo fervore religioso, tuttavia, prende una direzione diversa. “Ero una fervente cattolica [ma] ad un certo punto il cristianesimo non mi ha dato quello che volevo, non rispondeva ad alcune delle mie domande, e in più non mi piaceva la tradizione, così ho deciso di convertirmi all’Islam“. Secondo la ragazza la conversione è stata come “diventare un’altra persona“; “ho conosciuto tantissimi amici musulmani, ho studiato il Corano, questa religione sembrava coincidere con quello che volevo“.
Islam ‘una passione’
Aline ha anche dichiarato come la sua esperienza dell’islam, come convertita, fosse molto diversa da quella di coloro che sono nati nel contesto musulmano. “Le persone che crescono in un ambiente musulmano non vivono la religione come una passione, ma per me, è qualcosa che mi piace. Non posso vivere senza di essa“
Inevitabilmente, questa passione e la giovanissima età, ha portato Aline ad essere facile preda per coloro che cercano di radicalizzare e reclutare musulmani per i gruppi jihadisti come lo Stato Islamico. “Ho ricevuto un sacco di messaggi da loro, sono stata costantemente in contatto con essi, hanno dato un senso alla mia vita, mi hanno fatto sentire che avevo un ruolo importante su questa Terra. Ho davvero sentito di essere amata, ancor più che della mia famiglia“
Il crescente isolamento di Aline dal suo nucleo familiare, così come dai non-musulmani in generale, ha successivamente permesso ai reclutatori di manipolarla. “Sono subdoli perché sanno esattamente come la tua famiglia reagisce alla situazione“. “Quando non provieni da una famiglia musulmana, sanno che i tuoi genitori non accetteranno l’hijab, o il cibo halal. Sanno che i tuoi genitor stanno per vietarti di andare in moschea. Sanno tutto questo e ti dicono che la tua famiglia ti rifiuterà, che smetteranno di amarti. Dicono che gli unici che ti amano sono i tuoi fratelli e sorelle nell’Islam. Poi, quando le cose si deteriorano con la tua famiglia, ti rivolgi a loro.“
Ribellione adolescenziale
In un primo momento, la madre ha accolto l’ossessione di Aline con l’Islam come una sorta di ribellione adolescenziale. “Lei continuava ad evitare ogni discussione” spiega la madre. “Tanta gente penserà sia solo l’adolescenza, ma non è solo questo, è diverso con la radicalizzazione“. La donna dice che ha finalmente capito che c’era qualcosa di grave quando la ragazza l’ha apostrofata chiamandola “infedele“. A quindi chiamato il numero verde nazionale.
“E ‘stato terribile. Mi sentivo veramente male, così in colpa. Come madre, la mia prima reazione è stata di senso di colpa“, spiega. “Cerchiamo di trovare le ragioni per cui il nostro bambino improvvisamente è cambiato, pensiamo a quello che avremmo potuto fare per evitare che ciò accadesse. Ho sentito mia figlia che non mi amava più, che mi rifiutava“
Grazie all’intervento di sua madre, Aline è oggi una delle più giovani partecipanti al programma condotto dal governo francese per aiutare i giovani convertiti a tornare indietro dal baratro dalla radicalizzazione. Uno dei responsabili del programma di recupero, Laura Bouzar, dichiara che non è un compito facile: “è davvero difficile instillare in loro il dubbio“. Secondo la consulente la base di tutto il programma è quello di incoraggiarli a pensare con la propria testa piuttosto che accettare la propaganda dei militanti. “Pensano di sapere la verità: lo Stato Islamico è buono, il resto sono i cattivi. Noi siamo qui per mettere il dubbio. Siamo qui per farli pensare per se stessi” dichiara Bouzar.
Oltre alla partecipazione a sessioni di consulenza, Aline deve presentarsi ogni giorno alla polizia, ma l’adolescente teme ancora che tornerà alle sue vecchie abitudini e relazioni, il che l’ha resa estremamente cauta. “Ho deciso di non possedere un telefono, così senza telefono e internet non c’è nessuno a dirmi cosa fare. Ho però paura che un giorno mi sentirò sola e cadrò di nuovo nella trappola“
Strade pericolose
Oggi Aline ci tiene a distinguere tra Islam e Stato Islamico; con il supporto e la consulenza di Bouzar, ha rotto con quest’ultimo, ma è ancora dedicata al primo. “Non sto parlando di IS, è una setta, non ha nulla a che fare con l’Islam. In questi giorni sto imparando ad amare le tradizioni islamiche e le cose buone dell’Islam“. Ora si preoccupa per gli altri come lei, la cui curiosità o vulnerabilità potrebbe portare lungo un sentiero pericoloso. “Ogni persona che non è a proprio agio con se stessa può essere intercettato” afferma la ragazza. “I reclutatori sanno sempre le parole giuste da usare, non sono stupidi. È manipolazione, e purtroppo si rimane intrappolati“
Il messaggio di Aline a chi, come lei, è a rischio di essere preso di mira dai reclutatori è quello di stare all’erta. “Si dovrebbe sempre stare attenti su Internet. Non visitare certi siti, non parlare con loro, non prendere alcun rischio. [E] per coloro che sono già radicalizzati, li prego di aprire gli occhi sulla realtà. Non andate in Siria: è un suicidio, è la morte “.
Una sorta di inferno
Aline ha avuto la fortuna di “ritornare” prima di trovarsi all’interno del territorio del Califfato; la sua amica musulmana Hanane non è stata così fortunata. Attirata in Siria dalla propaganda dei jihadisti che promettevano “un paradiso” senza razzismo o avidità, guidato soltanto da i principi dell’Islam, si è invece ritrovata in una specie di inferno. Quando Hanane (nome di fantasia) ha rifiutato di sposare un combattente IS, è stata imprigionata, picchiata e accusata di essere una spia; le donne che erano state come “sorelle” si sono rivoltate contro di lei.
“Non ho capito“, ricorda Hanane. “Queste ragazze mi dicevano che mi amavano, che ero intelligente e importante per loro, mi hanno invitato a casa, abbiamo mangiato insieme, facevamo tutto insieme. Non ho mai fatto niente di male, ma loro mi volevano morta perché mi sono rifiutata di sposarmi“. Successivamente, un tribunale dello Stato Islamico ha stabilito che non c’erano abbastanza testimoni per condannarla, e dopo diverse settimane di detenzione riuscì a convincere la carceriera a lasciarla andare, fuggendo quindi attraverso il confine. Ma il suo calvario non è finito quando è tornata a casa in Francia; anche lì, dice, è ora considerata un nemico.
“Da quando sono tornata a casa vengo considerata come una ragazza che ha torturato la gente, come un mostro che è tornato fingendo di essere una vittima. Non ho fatto male a nessuno lì” Hanane insiste. “L’unica persona a cui ho fatto del male sono io“. Ora è sotto osservazione della polizia, è ha accettato di parlare con la CNN, a condizione di non essere identificata. Come Aline, Hanane è parte del programma “deradicalization“, ma anche lei sta trovando difficile adattarsi alla vita “normale“, lontano dai reclutatori dell’IS.