Mosca cerca di trovare una soluzione “siriana – siriana” al conflitto, mentre “Teheran lavora per raggiungere un compromesso con Washington in Siria”. (di Redazione) Nuove evoluzioni nel conflitto in Siria. Secondo fonti militari siriane citate da media arabi l’esercito di Damasco, a seguito dell’avanzata dei jihadisti nella parte occidentale del Paese, si sarebbe infatti ritirato nei giorni scorsi verso nuove linee difensive nelle regioni strategiche per Damasco, tra cui la pianura di Sahl al-Ghab, nel nord-ovest della Siria, vicino al bordo orientale delle montagne che formano la roccaforte degli alawiti, spina dorsale del governo di Asad.
I ribelli, ben forniti e numerosi, hanno conquistato l’altura di Sahl al-Ghab in un attacco che ha avuto inizio circa due settimane fa, aumentando i rischi per i governativi causati dall’artiglieria dei ribelli e dai missili anticarro, e obbligando l’esercito di Damasco a ritirarsi verso la seconda linea di difesa della zona costiera.La rapida avanzata degli anti-governativi attraverso una zona di tale importanza per Asad sottolinea in primo luogo le difficoltà in cui versa l’esercito siriano, ma anche l’inesorabile frammentazione a cui la Siria sembra destinata.
Nelle ultime settimane gli insorti sono avanzati in Sahl al-Ghab dalle zone del nord-ovest cadute in mano ribelle all’inizio di quest’anno, nel corso di una serie di battute d’arresto che hanno visto Bashar al-Asad perdere anche parti del sud e della Siria centrale all’opposizione armata, tra cui lo Stato Islamico. Secondo le ultime stime, il territorio sotto il controllo governativo si attesterebbe ora ad un quarto della Siria. Ad influenzare pesantemente le sorti del conflitto vi sarebbero il massiccio utilizzo di missili TOW tra le fila dei ribelli, che avrebbero aumentato esponenzialmente l’efficacia e la capacità di attacco degli anti-governativi.
Inoltre, ad affiancarsi agli eventi militari, vi sarebbero delle evoluzioni anche a livello politico, con la presa in considerazione di un “post-Asad” per mettere fine alla guerra civile che da più di quattro anni insanguina la Siria. Secondo indiscrezioni di alti ufficiali di Washington citati da media statunitensi, la recente visita in Arabia Saudita di Ali Mamlouk, funzionario di sicurezza fedelissimo di Bashar al-Assad, sarebbe infatti avvenuta “nel contesto degli sforzi russi e iraniani per trovare una soluzione alla crisi siriana, in mezzo a crescenti segni di logoramento del regime di Assad e l’indebolimento delle sue forze“.
Le fonti hanno aggiunto come Mosca stia cercando di trovare una soluzione “siriana – siriana” al conflitto, (che la Russia ritiene la più accettabile tra le capitali arabe e Ankara, e soprattutto per gli iraniani) sulla falsariga di un accordo “Ginevra 1” tra i russi e gli americani e “Ginevra 2” tra Assad ei suoi oppositori, mentre “Teheran lavora per raggiungere un compromesso con Washington in Siria“.
Fonti statunitensi hanno anche dichiarato che entrambe le capitali, Mosca e Teheran: “riconoscono che il tentativo di mantenere in carica Asad ostacola la soluzione che tutti si augurano” anche se con sfumature diverse. “Mosca tenta di convincere Teheran ad abbandonare Assad nonostante lo scenario incerto e rinunciare a questo legame con la Siria per condurre le successive elezioni presidenziali “.