Il Governo siriano stima che dall’inizio del conflitto siano andate perdute risorse petrolifere per un valore di 3,8 miliardi di dollari. (di Giovanni Andriolo) Un’economia di guerra si sta sviluppando in Siria, di fronte al crollo dell’economia tradizionale. Un sistema economico informale, fatto di mazzette ai checkpoint, riscatti per il rilascio di prigionieri e saccheggi da parte di miliziani armati, spesso non ben identificati. Il Governo siriano, che da più di tre anni sta affrontando una crisi senza pari nella storia moderna del Paese, deve fare i conti con entrate sempre più scarse, con un’inflazione che nel 2013 ha raggiunto il 120%, per assestarsi quest’anno al 50%, una disoccupazione che coinvolge metà della popolazione e un commercio internazionale che langue.
Gli investitori regionali hanno abbandonato il Paese, l’infrastruttura è stata distrutta e l’economia ha subito contraccolpi pesanti. Il Fondo Monetario Internazionale stima una contrazione dell’economia del 40% rispetto alla situazione prebellica. Il settore energetico del Paese è completamente annichilito: la produzione di petrolio e gas, un tempo fondamentali per alimentare le centrali del Paese, è bloccata, centinaia di trivelle e pozzi sono stati conquistati dai militanti dell’ISIS. Il Governo stima che dall’inizio del conflitto siano andate perdute risorse petrolifere per un valore di 3,8 miliardi di dollari. Lo stesso Governo, secondo diverse indiscrezioni, sarebbe stato costretto negli ultimi mesi ad acquistare il gas naturale, indispensabile per la produzione di energia elettrica nel Paese, dagli stessi gruppi islamisti antigovernativi che hanno occupato i principali giacimenti.
Il versante commerciale è ugualmente desolante: i dati dell’ONU informano che import ed export del Paese sono calati del 90%, mentre la mannaia delle sanzioni euro-statunitensi, particolarmente accanite sui settori petrolifero e bancario, ha ostracizzato il mercato siriano di fronte ai tradizionali partner europei. Tanto che, come avverte il sito di notizie economiche ‘The Syria Report’, diverse aziende internazionali starebbero evitando di lavorare con la Siria per timore di danni alla propria reputazione, specialmente in caso di affari con gli Stati Uniti. Il Governo siriano è in stato di emergenza: tagli alle spese, agli investimenti, ai sussidi, hanno bloccato lo sviluppo infrastrutturale e hanno spinto alle stelle il costo dei beni di prima necessità.
Damasco, tuttavia, può ancora contare sugli aiuti degli alleati Iran e Russia: lo scorso anno, Teheran ha fornito alla Siria 4,6 miliardi di dollari di credito per pagare le importazioni di energia e grano. Quest’anno, invece, Mosca ha offerto più di 300 milioni di dollari. Secondo gli esperti, questi aiuti permetteranno al Governo siriano di pagare i salari e di sopravvivere anche nei prossimi anni. A quanto pare, Iran e Russia, ostracizzati anch’essi dalle sanzioni economiche internazionali, sembrano intenzionati a non abbandonare al suo destino l’alleato siriano.