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Iraq: tra riforme e corruzione

by Osservatorio
9 March 2021
in Analysis
Reading Time: 4 mins read
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Iraq: tra riforme e corruzione
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“Alcuni analisti sottolineano come l’adozione del pacchetto di riforme sia stato importante, ma quello di veramente straordinario è il fatto che i politici iracheni abbiano effettivamente portato avanti delle riforme serie e globali costretti dalle montanti proteste popolari“. La “terza via” di Abadi

(di Nino Orto) Lo scorso 11 agosto, il parlamento iracheno ha votato in seduta plenaria l’approvazione del pacchetto di riforme economiche, politiche, ed amministrative del primo ministro Haider al-Abadi, in risposta alle crescenti richieste dell’opinione pubblica irachena, sfociate nelle ultime settimane in diverse manifestazioni nella capitale Baghdad e in numerose città del sud dell’Iraq sotto il controllo governativo.

Queste misure, includono l’eliminazione dei ruoli di vice presidente della Repubblica e del vice primo ministro, e prevedono stanziamenti speciali per la Presidenza, per numerosi enti e istituzioni governative, nonchè per la riapertura dei numerosi dossier relativi ai casi di corruzione, al fine di porli sotto la supervisione di un comitato “ad hoc” per combattere la corruzione, e indagare e perseguire i politici corrotti.

Le riforme comprendono anche importanti misure quali la riduzione del numero dei ministri, l’eliminazione delle quote confessionali e di partito per le alte cariche di governo, l’ampliamento del potere della magistratura al fine di perseguire i funzionari corrotti, nonchè l’eliminazione dei decreti legge che hanno caratterizzato gli ultimi due anni di vita politica irachena. Tutte misure senza precedenti, che sembrerebbero aver accolto le numerose proteste anti-governative contro i politici iracheni.

Tuttavia, questo non significa necessariamente che le richieste popolari saranno attuate immediatamente, specialmente in un paese che soffre di crisi complesse a tutti i livelli, di divisioni politiche, di continue crisi economiche, e dove infuria una sanguinosissima guerra contro lo Stato islamico (IS), che controlla vaste aree di territorio iracheno e che si muove attraverso linee confessionali.

Alcuni analisti politici sottolineano come l’adozione del pacchetto di riforme sia stato importante, ma quello di veramente straordinario è stato il fatto che i politici iracheni abbiano effettivamente portato avanti delle riforme serie e globali costretti dalle montanti proteste popolari. Questa, infatti, è forse la prima volta che il governo ha ascoltato le richieste dei manifestanti, offrendo delle risposte reali.

Ci sono anche dei segnali importanti. Dal 2003, nessun leader dei governi federali e locali avevano annunciato seri provvedimenti di riforma. Avevano fatto solo promesse, che negli anni hanno portato gli iracheni perdere ogni speranza sul fatto che i servizi sarebbero migliorati. Fino a questo mese.

L’attuazione delle riforme sul terreno potrebbe avvenire attraverso la creazione di meccanismi idonei per attuare la nuova legislazione, ma potrebbe anche essere ostacolato dalle complessità legali e burocratiche. E’ infatti molto probabile che le differenze politiche tra le parti e i blocchi politici, nonchè le necessità relative alla sicurezza, possano ancora interferire con l’attuazione delle riforme. In parole povere, ad oggi vi è ancora il rischio che non vengano soddisfatte le richieste della gente.

L’Iraq tra il vecchio e il nuovo

Ciò che è necessario, a questo punto, è una iniziativa da parte delle forze politiche per invitare il parlamento a formare gruppi di lavoro, accettare i pareri di esperti provenienti da fuori dal parlamento e anche da programmi internazionali e istituti come Global Anti-Corruption Initiative del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite, o la statunitense Anti-Corruption Institute (AACI), che sono in grado di fornire una tabella di marcia accuratamente ponderata per le riforme. Per non parlare della necessità di individuare i difetti dell’apparato di sicurezza, amministrativo, politico, e finanziario dell’Iraq, a maggior ragione se si pensa che tutte queste criticità sono ormai esplicite, e sono da anni oggetto di studio a tutti i livelli.

Secondo media iracheni, Abadi dovrebbe essere pronto a formare gruppi di lavoro seri ed equi per impostare le basi delle nuove riforme, e per cercare meccanismi efficaci per portare avanti il cambiamento sul terreno. Abadi può infatti accelerare l’attuazione delle riforme aumentando il sostegno delle autorità religiose, che finora hanno sostenuto le riforme, nonchè ottenendo l’approvazione dei blocchi politici.

I quattro criteri per un nuovo Iraq

Il destino delle riforme dell’Iraq dipende quindi da quattro presupposti di base, che l’Iraqi Civil Society identifica in:

–Credibilità: le forze politiche irachene dovrebbero dimostrare la loro capacità di adottare riforme di propria iniziativa, invece di essere costrette a farlo sotto la pressione del popolo iracheno.

–No al confessionalismo: il governo iracheno dovrebbe adottare un sistema meritocratico per assegnare le posizioni di leadership, evitando di seguire logiche confessionali e di partito, al fine di aumentare l’efficacia del sistema giudiziario nella sua lotta contro la corruzione.

–Maggiore partecipazione popolare: gli iracheni dovrebbero continuare ad esercitare la pressione sul governo in modo che le loro richieste possano essere soddisfatte.

–Appoggio internazionale: è necessario infine il sostegno regionale e internazionale per attuare le riforme, il che richiede il raggiungimento di un adeguato sostegno politico ed economico in questa fase per aiutare gli iracheni a raggiungere i loro obiettivi. 

(di Nino Orto) Lo scorso 11 agosto, il parlamento iracheno ha votato in seduta plenaria l’approvazione del pacchetto di riforme economiche, politiche ed amministrative del primo ministro Haider al-Abadi in risposta alle crescenti richieste dell’opinione pubblica irachena, sfociate nelle ultime settimane in diverse manifestazioni di piazza in numerose città del sud dell’Iraq sotto il controllo governativo.

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